Mettere la persona al centro di un modello data-driven sarà un enorme cambiamento di prospettiva per gli operatori del sistema sanitario. Ma sarà anche un enorme balzo in avanti per tutti. Parola di Abhinav Shashank CEO e Co-Founder di Innovaccer, innovative azienda di healthcare tecnology di San Francisco
PCC: una guida completa
Una raccolta completa e sintetica di contributi sull’assistenza centrata sulla persona a cura di The Health Fondation: dai princìpi che la ispirano, alle milestone del suo sviluppo, fino ad alcuni esempi pratici di implementazione.
Dalle visite in presenza alle videoconferenze: una sfida per la PCC
Uno studio analizza l’esperienza di un team multidisciplinare che a causa dell’esplosione dell’emergenza COVID è dovuto passare velocemente da una medicina face-to-face tradizionale a una da remoto attraverso l’uso delle tecnologie digitali. E come i medici coinvolti siano riusciti a mantenere il paziente al centro della cura.
Il modello PCC in reumatologia. Un caso
Esempi empirici di come raggiungere un modello di cura orientato alla persona nella cura delle cronicità sono molto scarsi. Questo studio si focalizza su un caso specifico, quello di una clinica reumatologica ambulatoriale, analizzando le strategie messe in campo dagli operatori sanitari per sviluppare un modello PCC, gli strumenti digitali scelti e l’impatto percepito da operatori sanitari e pazienti.
Le iniziative di cura paziente-centrica alla prova del modello NASSS (nonadoption, abandonment, scale-up, spread, and sustainability)
Uno Studio promosso dal Norwegian Centre for E-Health Research attraverso un approccio empirico analizza alcune esperienze di singoli provider sanitari in quattro aree dove sono state implementate soluzioni digitali per supportate la PCC (person-centred care).
Prevenzione e tecnologia, un binomio rivoluzionario
Quali soluzioni e quali tecnologie abilitano un nuovo modello di sanità con il paziente al centro? Il punto di vista di Balint Bene, CEO e fondatore dell’omonima azienda americana attiva nel settore del design e dello sviluppo di soluzioni end-to-end per l’HealthTech.
Le tecnologie digitali che supportano la cura centrata sulla persona.
Grazie alla tecnologia i sistemi sanitari possono evolvere verso un nuovo modello integrato e centrato sul paziente. Eppure lo stanno facendo in modo lento e non sempre lineare. Come accelerare questo processo ce lo racconta uno Studio attraverso l’analisi di sei casi di eccellenza nel mondo sanitario europeo.
Monthly Key Topic
Un sistema di cura con la persona al centro
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A cura della redazione
Sulla spinta dei continui sviluppi tecnologici e grazie ai finanziamenti contenuti nel PNRR nel giro di pochi anni il sistema sanitario italiano sarà di fatto un ecosistema che promuove la medicina di territorio, la deospedalizzazione e la digitalizzazione dei servizi di cura.
A guardare più in profondità si tratta tuttavia di una trasformazione transitoria, il cui punto di arrivo è stato già definito da diverso tempo, ma che solo l’avanzamento tecnologico e lo tsunami pandemico hanno reso a portata di mano: un modello di gestione delle cure ad altissima integrazione, basato su un uso massiccio delle tecnologie e soprattutto un coinvolgimento più attivo e partecipativo dei pazienti.
Che non si tratti di un semplice ammodernamento ma di un vero e proprio nuovo modello di sanità lo testimonia la creazione ad hoc del concetto di PCC (Person-Centred Care). Il PCC sembra aver fatto la prima apparizione nel lontano 1967 in un White Paper dell’Accademia Americana di Pediatria. Ma è solo in questi ultimi anni che tale concetto è uscito dai circoli specialistici per diventare oggetto di studio e di analisi intra-disciplinare, nonché del dibattito di politica sanitaria a livello globale.
Di cosa si tratta?
Quello che va delineandosi per un futuro non troppo lontano è un sistema di cura con al centro non più l’ospedale, ma la persona-paziente. Tale rivoluzione copernicana non significa disconoscere la tradizionale articolazione sanitaria, bensì comporta il riconoscimento della pluralità dei soggetti che entrano in gioco nelle fasi di prevenzione, diagnosi, cura e follow-up. Significa quindi mettere in rete medicina territoriale e di prossimità, case di cura, poliambulatori, ospedali, farmacie, domicilio ma anche il paziente stesso. Questo da mero destinatario dei servizi ne diventa anche un erogatore (è il concetto del self care). E con lui il circolo della famiglia e degli amici più prossimi che si avvicendano nell’assistenza (close-carer).
Nel modello sanitario PCC Il paziente avrà un ruolo più attivo nelle fasi di prevenzione e cura grazie alla maggiore disponibilità di informazioni sulla sua condizione e all’accessibilità a soluzioni tecnologiche avanzate. Disporrà di nuove piattaforme, sensori, wearable e medical device per monitorare al meglio la propria patologia e avere un maggiore controllo della propria salute, con un impatto importante sull’efficacia della prevenzione; ancora, sarà in grado di migliorare l’aderenza alla terapia, agevolare le modalità d’interazione e scambio dei dati e referti clinici con il proprio medico. Tutto bene dunque? Non proprio. Alcuni studiosi hanno evidenziato che questo sistema comporta anche qualche difficoltà, o almeno alcuni rischi: tra questi si segnalano un aumento dei costi personali e finanziari per il paziente, l’esclusione di alcuni gruppi di persone che non hanno accesso alle tecnologie digitali, una relazione tra medico e paziente più impersonale e meno empatica.
Anche per questo, la trasformazione da un processo di cura incentrato su di un approccio medico centrico, a complessi processi di prevenzione e cura imperniati su approccio paziente-centrico va ascoltata, analizzata e supportata. Il che significa saperla identificare, riconoscere e seguire in maniera quanto più possibile personalizzata.
Lo dicono anche i dati…
In tutta Europa un numero crescente di cittadini sta cambiando aspettative nei confronti della sanità. Rispetto ai processi di cura, le persone non vogliono essere destinatari passivi: vogliono poter accedere alle cure in modo più rapido e funzionale, potendo contare su consigli e informazioni affidabili. Chiedono maggiori garanzie di trasparenza in merito ai propri dati sanitari e di mantenerne il possesso per decidere con chi condividerli e per quali finalità.
Secondo gli analisti di Deloitte nell’ultima edizione dello Studio “Digital Transformation Shaping the Future of European Healthcare” (la cui sintesi è disponibile in questo numero) il 65% dei medici europei (il 66% in Italia) dichiara di aver incrementato l’impiego di tecnologie digitali per supportare il lavoro degli operatori sanitari e il 64% di aver assistito a un incremento dell’utilizzo di tecnologie digitali per fornire supporto e modalità di ingaggio virtuali ai pazienti. Per quanto riguarda le tecnologie rivolte agli operatori sanitari e a quelle destinate ai pazienti, sono soprattutto i medici di medicina generale che dichiarano di avere assistito a un incremento durante l’emergenza COVID-19
Servizi di cura digitali
Nel modello PCC vanno ridefinite e governate anche le funzioni dei player “classici” del sistema sanitario. Nelle loro diverse articolazioni, ognuno per la propria parte, dovranno mettere a sistema i dati, nel rispetto della privacy, per prevenire il rischio di patologie e ove necessario per curarle , fornendo servizi di cura personalizzati ovunque si trovi il paziente – sul luogo del lavoro, a casa, a scuola, in viaggio, o altrove.
Dovranno inoltre potenziare i sistemi di analisi dei dati e di intelligenza artificiale che, in modo sempre più efficace e attendibile, potranno permettere di estrapolare informazioni e fornire un supporto decisionale al cittadino/paziente, al caregiver e al personale sanitario. Saranno chiamati a erogare terapie digitali, integrate a quelle farmacologiche per trattare in modo continuo e non invasivo alcune patologie e favorire la diffusione di uno stile di vita più salutare.
Perché un sistema così complesso possa funzionare è assolutamente necessario che i “professionisti” della salute e dell’assistenza lavorino in stretta collaborazione con le persone che utilizzano i servizi. E per ciò comporta l’assunzione di una responsabilità etica e sociale. Un siffatto approccio alla cura, correttamente implementato, può infatti aiutare le persone a sviluppare le proprie conoscenze, responsabilizzandole e aiutandole ad assumere decisioni informate sulla propria salute e sulla qualità della propria vita.
Le scelte da compiere
Se è quasi unanime la convinzione che quello di un sistema sanitario e di cura integrato e centrato sul paziente sia lo sviluppo (auspicato e inevitabile) della sanità del futuro, quali sono le precondizioni necessarie per realizzarlo? Ne richiamiamo brevemente tre.
Interoperabilità dei dati: ne abbiamo parlato diffusamente in questi numeri, se i dati e le informazioni dei pazienti non sono scambiabili tra i vari soggetti che intervengono nel processo di prevenzione e cura e non vengono resi disponibili in ogni luogo in modo veloce e sicuro, non è dato alcun nuovo paradigma di cura centrato sul paziente. Non è possibile coordinamento tra i vari centri di cura, tantomeno alcun controllo o follow-up.
Coinvolgere tutti gli attori : affinché l’assistenza integrata futura sia più incentrata sulla persona, i sistemi IT dovranno consentire ai beneficiari e ai close-carer di esprimere le proprie esigenze e i propri obiettivi e consentire a loro e agli operatori di monitorare e rivedere facilmente i piani di assistenza. Co-design: le soluzioni tecnologiche potranno realmente abilitare una sanità integrata e partecipata dal basso solo se anche il loro sviluppo sarà partecipato. Esistono già molti esempi di co-design o design partecipativo in molti mercati, ma per la sanità sarebbe una grande novità. Oltre a coinvolgere gli utenti nello sviluppo delle soluzioni tecnologiche si renderà inevitabile bilanciare la standardizzazione delle soluzioni con la personalizzazione. Una sfida non da poco per i vendor e per tutti i player della filiera della cura.
Editoriale
Uno sguardo sul presente per immaginare il futuro
Editoriale
Giunge al termine, dopo nove numeri, il progetto ReadHIT promosso dalle associazioni AIIC, AISIS e HIMSS Italian Community e sostenuta da Philips per condividere le esperienze di CIO e Ingegneri Clinici e fare sintesi sulla trasformazione digitale e l’adozione delle nuove tecnologie nel Sistema Sanitario.
I contributi che vi abbiamo proposto con questa iniziativa sono intervenuti in occasione di una svolta epocale per la Sanità italiana: sottoposta a uno stress senza precedenti scaturito dal diffondersi del Sars–Cov-2, questa ha assunto nel dibattito politico e sociale una centralità che ha determinato, di conseguenza, una crescente attenzione che si riflette nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).
L’opportunità che si apre per il SSN di compiere definitivamente un salto nell’era dell’eHealth è irripetibile, ma perché non vada sprecata è necessario aver chiaro in mente il modello di sanità che si intende costruire. È ciò che tentiamo di fare in quest’ultimo numero, perché fino a qui abbiamo parlato molto di presente, ma abbiamo sempre avuto in mente il futuro.
Quale sistema sanitario dunque è più desiderabile per il futuro?
Se si guarda indietro in questi numeri già è possibile intravedere una risposta, molti sono gli spunti e le informazioni che spingono in una precisa direzione.
Il nuovo sistema sanitario non dovrà più considerare l’ospedale (e l’ospedalizzazione) come (quasi) unico centro per la presa in carico della cura dei pazienti. Il PNRR prevede la creazione in Italia di un sistema policentrico, il potenziamento delle cure domiciliari nonché la costituzione di strutture intermedie, le case di comunità, che dovranno costituire l’approdo “normale” del malato non cronico e un raccordo importante tra gli ospedali e la medicina territoriale.
Ma cambierà anche l’ospedale, evolvendo verso una forma che alcuni dei nostri contributor hanno efficacemente definito “elastica”. Si tratterà di una struttura fisica e funzionale capace di rispondere in modo flessibile a differenti sollecitazioni e a integrare in tutti i processi le moderne tecnologie, superando i confini “fisici” del Pronto Soccorso e dei singoli Reparti e includendo i presidi territoriali, oltre al domicilio dei pazienti. Gli ospedali in futuro dovranno essere in grado di modulare l’offerta di cura in base alla domanda, destinata a variare al mutare di numerosi fattori, dall’invecchiamento della popolazione, alla necessità di assicurare un’elevata qualità della vita dei degenti fino alle accelerazioni e decelerazioni determinate da ondate di crisi sanitarie e di pandemie.
In questo scenario in evoluzione ci siamo soffermati più volte sul ruolo delle tecnologie, dalle piattaforme alle apparecchiature, abbiamo approfondito temi specifici, Telemedicina e l’Enterprise Imaging, spingendo lo sguardo fino agli scenari più futuribili dell’Intelligenza Artificiale. Lo abbiamo fatto perché sono le tecnologie che abilitano la creazione di un sistema sanitario che connette tutti gli stakeholder – medici e caregiver – e che mette in rete i diversi player del nuovo ecostistema policentrico fornendo loro informazioni in maniera customizzata.Accorciando così i tempi di diagnosi e rendendo più efficaci ed efficienti le cure.
E qui veniamo a quello che a detta di tutti gli opinion leader che si sono avvicendati nel nostro confronto è forse il vero punto di svolta per il successo della rivoluzione della sanità digitale, i Big Data. Senza una condivisione strutturale e regolata delle informazioni sanitarie non ci sarà integrazione e non ci sarà digitalizzazione (lo abbiamo visto con le difficoltà che ha incontrato in questi anni il progetto del Fascicolo Sanitario Elettronico). Solo la condivisione di informazioni in un unico ecosistema, integrato sicuro e accessibile da ogni luogo abiliterà la presa in carico digitale del paziente “a tutto tondo”, offrendo la possibilità di accedere a tutti i servizi digitali di prevenzione, accesso, cura e follow-up. E aprendo la strada per un ruolo più attivo del paziente stesso che, da mero destinatario dei servizi, diventa uno dei player di un sistema sanitario destinato a diventare progressivamente sempre più incentrato sulla persona.
Per la prima volta intravvediamo quindi, un ulteriore cambio di paradigma: la sanità del futuro metterà al centro la persona /cittadino e non più il paziente.
Un dettaglio non trascurabile, sia per gli impatti organizzativi – prendersi cura e non solo curare – che per l’impatto sui finanziamenti – sarà sufficiente quanto disposto nel PNRR? – dove l’elemento abilitante fornito dalle tecnologie attuali e future faranno la differenza.
Crediamo fortemente che il prossimo quinquennio sarà caratterizzato da una trasformazione delle nostre professioni. Saremo chiamati ad intervenire dentro e fuori dalle mura dei nostri presidi, collaboreremo con nuove professioni: data scientist, esperti di AI, esperti di comunicazione, in modo quotidiano.
Molta strada è stata fatta insieme. Ciò che più ci auguriamo è che almeno in piccola parte questa iniziativa abbia contribuito a sviluppare tra i vari operatori un dibattito accorto, competente e aperto sulla Sanità italiana. Se in qualche misura ci siamo riusciti è grazie a tutti coloro – medici, CIO, esperti, manager, lettori – che hanno preso parte a questa iniziativa offrendoci spunti, suggerimenti e anche critiche. A loro va il nostro più sincero ringraziamento.
Buona lettura
A cura della redazione

“I Cantieri” per la Sanità del Futuro. Post COVID
Presentato il progetto di collaborazione tra Censis e Janssen Italia, che ha l’obiettivo di individuare le direttrici per una sanità post-Covid in grado di rispondere alle reali esigenze di cittadini e operatori sanitari. Una sfida da vincere in un Paese che invecchia