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Un sistema di cura con la persona al centro

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A cura della redazione

Sulla spinta dei continui sviluppi tecnologici e grazie ai finanziamenti contenuti nel PNRR nel giro di pochi anni il sistema sanitario italiano sarà di fatto un ecosistema che promuove la medicina di territorio, la deospedalizzazione e la digitalizzazione dei servizi di cura.

A guardare più in profondità si tratta tuttavia di una trasformazione transitoria, il cui punto di arrivo è stato già definito da diverso tempo, ma che solo l’avanzamento tecnologico e lo tsunami pandemico hanno reso a portata di mano: un modello di gestione delle cure ad altissima integrazione, basato su un uso massiccio delle tecnologie e soprattutto un coinvolgimento più attivo e partecipativo dei pazienti.

Che non si tratti di un semplice ammodernamento ma di un vero e proprio nuovo modello di sanità lo testimonia la creazione ad hoc del concetto di PCC (Person-Centred Care). Il PCC sembra aver fatto la prima apparizione nel lontano 1967 in un White Paper dell’Accademia Americana di Pediatria. Ma è solo in questi ultimi anni che tale concetto è uscito dai circoli specialistici per diventare oggetto di studio e di analisi intra-disciplinare, nonché del dibattito di politica sanitaria a livello globale.

Di cosa si tratta?

Quello che va delineandosi per un futuro non troppo lontano è un sistema di cura con al centro non più l’ospedale, ma la persona-paziente. Tale rivoluzione copernicana non significa disconoscere la tradizionale articolazione sanitaria, bensì comporta il riconoscimento della pluralità dei soggetti che entrano in gioco nelle fasi di prevenzione, diagnosi, cura e follow-up. Significa quindi mettere in rete medicina territoriale e di prossimità, case di cura, poliambulatori, ospedali, farmacie, domicilio ma anche il paziente stesso. Questo da mero destinatario dei servizi ne diventa anche un erogatore (è il concetto del self care). E con lui il circolo della famiglia e degli amici più prossimi che si avvicendano nell’assistenza (close-carer).

Nel modello sanitario PCC Il paziente avrà un ruolo più attivo nelle fasi di prevenzione e cura grazie alla maggiore disponibilità di informazioni sulla sua condizione e all’accessibilità a soluzioni tecnologiche avanzate. Disporrà di nuove piattaforme, sensori, wearable e medical device per monitorare al meglio la propria patologia e avere un maggiore controllo della propria salute, con un impatto importante sull’efficacia della prevenzione; ancora, sarà in grado di migliorare l’aderenza alla terapia, agevolare le modalità d’interazione e scambio dei dati e referti clinici con il proprio medico.  Tutto bene dunque? Non proprio. Alcuni studiosi hanno evidenziato che questo sistema comporta anche qualche difficoltà, o almeno alcuni rischi: tra questi si segnalano un aumento dei costi personali e finanziari per il paziente, l’esclusione di alcuni gruppi di persone che non hanno accesso alle tecnologie digitali, una relazione tra medico e paziente più impersonale e meno empatica.

Anche per questo, la trasformazione da un processo di cura incentrato su di un approccio medico centrico, a complessi processi di prevenzione e cura imperniati su approccio paziente-centrico va ascoltata, analizzata e supportata. Il che significa saperla identificare, riconoscere e seguire in maniera quanto più possibile personalizzata.

Lo dicono anche i dati…

In tutta Europa un numero crescente di cittadini sta cambiando aspettative nei confronti della sanità. Rispetto ai processi di cura, le persone non vogliono essere destinatari passivi: vogliono poter accedere alle cure in modo più rapido e funzionale, potendo contare su consigli e informazioni affidabili. Chiedono maggiori garanzie di trasparenza in merito ai propri dati sanitari e di mantenerne il possesso per decidere con chi condividerli e per quali finalità.

Secondo gli analisti di Deloitte nell’ultima edizione dello Studio “Digital Transformation Shaping the Future of European Healthcare” (la cui sintesi è disponibile in questo numero) il 65% dei medici europei (il 66% in Italia) dichiara di aver incrementato l’impiego di tecnologie digitali per supportare il lavoro degli operatori sanitari e il 64% di aver assistito a un incremento dell’utilizzo di tecnologie digitali per fornire supporto e modalità di ingaggio virtuali ai pazienti. Per quanto riguarda le tecnologie rivolte agli operatori sanitari e a quelle destinate ai pazienti, sono soprattutto i medici di medicina generale che dichiarano di avere assistito a un incremento  durante l’emergenza COVID-19

Servizi di cura digitali

Nel modello PCC vanno ridefinite e governate anche le funzioni dei player “classici” del sistema sanitario. Nelle loro diverse articolazioni, ognuno per la propria parte, dovranno mettere a sistema i dati, nel rispetto della privacy, per prevenire il rischio di patologie e ove necessario per curarle , fornendo servizi di cura personalizzati ovunque si trovi il paziente – sul luogo del lavoro, a casa, a scuola, in viaggio, o altrove.

Dovranno inoltre potenziare i sistemi di analisi dei dati e di intelligenza artificiale che, in modo sempre più efficace e attendibile, potranno permettere di estrapolare informazioni e fornire un supporto decisionale al cittadino/paziente, al caregiver e al personale sanitario. Saranno chiamati a erogare terapie digitali, integrate a quelle farmacologiche per trattare in modo continuo e non invasivo alcune patologie e favorire la diffusione di uno stile di vita più salutare.

Perché un sistema così complesso possa funzionare è assolutamente necessario che i “professionisti” della salute e dell’assistenza lavorino in stretta collaborazione con le persone che utilizzano i servizi. E per ciò comporta l’assunzione di una responsabilità etica e sociale. Un siffatto approccio alla cura, correttamente implementato, può infatti aiutare le persone a sviluppare le proprie conoscenze, responsabilizzandole e aiutandole ad assumere decisioni informate sulla propria salute e sulla qualità della propria vita.

Le scelte da compiere

Se è quasi unanime la convinzione che quello di un sistema sanitario e di cura integrato e centrato sul paziente sia lo sviluppo (auspicato e inevitabile) della sanità del futuro, quali sono le precondizioni necessarie per realizzarlo? Ne richiamiamo brevemente tre.

Interoperabilità dei dati: ne abbiamo parlato diffusamente in questi numeri, se i dati e le informazioni dei pazienti non sono scambiabili tra i vari soggetti che intervengono nel processo di prevenzione e cura e non vengono resi disponibili in ogni luogo in modo veloce e sicuro, non è dato alcun nuovo paradigma di cura centrato sul paziente. Non è possibile coordinamento tra i vari centri di cura, tantomeno alcun controllo o follow-up.

Coinvolgere tutti gli attori : affinché l’assistenza integrata futura sia più incentrata sulla persona, i sistemi IT dovranno consentire ai beneficiari e ai close-carer di esprimere le proprie esigenze e i propri obiettivi e consentire a loro e agli operatori di monitorare e rivedere facilmente i piani di assistenza. Co-design: le soluzioni tecnologiche potranno realmente abilitare una sanità integrata e partecipata dal basso solo se anche il loro sviluppo sarà partecipato. Esistono già molti esempi di co-design o design partecipativo in molti mercati, ma per la sanità sarebbe una grande novità. Oltre a coinvolgere gli utenti nello sviluppo delle soluzioni tecnologiche si renderà inevitabile bilanciare la standardizzazione delle soluzioni con la personalizzazione. Una sfida non da poco per i vendor e per tutti i player della filiera della cura.