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Enterprise imaging: dal territorio segnali incoraggianti per il futuro

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A cura della redazione

L’ultimo grande “salto” tecnologico nella diagnostica medica paragonabile a quello cui stiamo assistendo in questi ultimi anni risale a oltre un secolo fa: fu l’avvento dei Raggi X. Da allora le modalità della diagnostica per immagini hanno continuato a evolversi e perfezionare (dalle scansioni TC digitalizzate agli ultrasuoni) approdando all’enterprise imaging (EI) che sfruttando le moderne tecnologie dell’eHealth promette un’accelerazione inimmaginabile e di aprire frontiere e possibilità che rivoluzionano il modo di lavorare dei medici, dei care giver e migliorano la qualità ed efficacia delle cure per i pazienti.

Ma quali fattori critici si devono principalmente prendere in considerazione nel momento in cui si decide di implementare un sistema avanzato di EI? Ne passiamo in rassegna alcuni, raccontando al contempo esperienze virtuose di alcune eccellenze sanitarie italiane.

Integrazione

Al di là della qualità e delle funzionalità delle tecnologie e delle soluzioni di EI adottate, esiste un fattore strategico che dovrebbe essere sempre considerato nel momento in cui si progetta un software o un dispositivo medico o nel momento in cui una struttura ospedaliera ne decide l’acquisto: si tratta della capacità del sistema di inserirsi in maniera semplice, efficace e poco costosa in un Workflow (flusso di lavoro) completamente integrato.

L’innesto realizzato deve tenere nella debita considerazione le effettive modalità di lavoro del personale coinvolto; una carenza di analisi del processo sanitario e del flusso preesistente infatti appare destinato a far fallire ogni tentativo di ammodernamento delle modalità diagnostiche. Il mancato coinvolgimento del personale nella fase di progettazione e implementazione dei sistemi di EI (come d’altra parte più in generale delle innovazioni tecnologiche) può far emergere resistenze culturali al cambiamento: tra queste certamente vanno considerate quelle legate alla modalità operativa e organizzativa, sempre più caratterizzata da un aspetto multimodale e multidisciplinare.

Marco Ciboldi, Direttore Ingegneria Clinica all’Ospedale Niguarda, evidenzia che è spesso “difficile mettere allo stesso tavolo i diversi professionisti medici e far accettare loro le innovazioni tecnologiche. In molti casi ci siamo riusciti in modo più efficace e veloce coinvolgendoli sin dall’inizio nel processo di progettazione e implementazione di nuove soluzioni digitali”.

Su questo punto gli fa eco Andrea Gelmetti, CIO Dell’Ospedale San Matteo di Pavia: “è necessario analizzare in modo approfondito il processo sanitario e qual è il flusso dei dati. Se prima di adottare soluzioni di enterprise imaging non si fa questa analisi, il processo innovativo potrebbe essere solo parzialmente efficace o addirittura destinato al fallimento”.

Interoperabilità

Nell’eHealth si fa un gran parlare di interoperabilità e anche l’EI non sfugge a questa regola d’oro, tutt’altro. In questo caso si raccomanda di prendere in considerazione le due facce della stessa medaglia: esiste infatti una questione legata all’interoperabilità tra sistemi di strutture sanitarie diverse, ma anche quella tra sistemi della medesima struttura ospedaliera (RIS/PACS). Mentre la rete PACS archivia immagini cliniche, altre informazioni vengono custodite in sistemi diversi. Ad esempio, i sistemi di informazione sanitaria (HIS) memorizzano le informazioni relative alla storia del paziente, ai dettagli clinici e alle indagini di laboratorio. I sistemi RIS (Radiology Information Systems) gestiscono i dati di imaging oltre alle immagini reali, come referral, richieste di acquisto, dettagli di fatturazione e interpretazioni. Tutti questi sistemi informativi sono separati l’uno dall’altro. Tuttavia, nel trattare con un paziente, fare una diagnosi corretta e pianificare il trattamento, un medico deve spesso avere a portata di mano tutti questi dettagli insieme. È proprio l’integrazione di tutti i sistemi informativi in un’unica cartella accessibile tramite un singolo server che consente di semplificare il flusso di lavoro e migliorare sia l’accuratezza che l’esito clinico.

Sul fronte dell’interoperabilità “esterna”, rendere accessibili le immagini e le informazioni diagnostiche di un paziente a professionisti appartenenti a strutture diverse (e da fonti diverse dall’ospedale dove il paziente è in cura) rende necessaria un’accurata profilazione dei profili di accesso. “Le esperienze realizzate ad oggi suggeriscono una gestione centralizzata di tutte le profilazioni degli utenti: se gli utenti sono molteplici- dalla Radiologia a tutto l’universo clinico – la gestione  può diventare un problema se parcellizzata” evidenzia ancora Andrea Gelmetti.

Proprio al San Matteo questo approccio ha reso possibile lo sviluppo di un progetto volto all’integrazione tra l’Ospedale e la ASST di Pavia basato su profili IHE (quindi su messaggistica standard): il sistema consente alle due strutture di scambiare in tempo reale informazioni su pazienti. Ma permette anche di governare e rendere più semplice l’accesso ai dati  per ragioni di analisi della storia clinica dei pazienti o di ricerca scientifica.

Sicurezza

Più i sistemi di scambio di informazioni e dati si allargano ai reparti ospedalieri diversi dalla Radiologia e ad altre strutture o luoghi al di fuori del perimetro ospedaliero (si pensi anche solo allo sviluppo della Telemedicina e alle cure domiciliari che hanno subito un’accelerazione nel periodo pandemico) maggiore diventa la necessità di garantire la sicurezza dei sistemi.

Lo sa bene Giampiero Pirini, Direttore dei Servizi di Ingegneria Clinica delle Aziende Ospedaliere Ferraresi che alla redazione racconta del complesso processo gestito per creare una nuova infrastruttura informatica di area vasta in Emilia Romagna che comprende sei realtà, tra Aziende Sanitarie e Ospedali. La spinta decisiva a implementare tale struttura è legata non a caso a un vulnus nella sicurezza occorso a immagini diagnostiche di un paziente. Grazie a un processo di analisi e di studio approfonditi, oggi la sua area può contare su una rete scalabile che poggia sull’infrastruttura regionale fortemente integrata, per cui al database centrale si affiancano database locali remotizzati per garantire la business continuity. “Abbiamo creato una forma di repository ibrida – spiega – a metà strada tra FSE (Fascicolo Sanitario Elettronico), che secondo le normative vigenti deve essere regionale, e Dossier che possono essere solo aziendali. Una soluzione che, rispettando le nuove normative sulla privacy, ci consente di scambiare immagini dei pazienti tra tutti i professionisti in modalità che soddisfano i più alti standard di cyber security”.

Le ultime frontiere

Capita spesso che ciò che può sembrare futuro in alcuni casi sia già realtà: è ciò che succede all’Ospedale Niguarda di Milano dove sono state recentemente implementate due applicazioni di EI dal sapore avveniristico.

Il primo caso è quello della stampa 3D del cuore, realizzata per pianificare e simulare interventi chirurgici particolarmente complessi. Ciò ha consentito di valutare il migliore approccio chirurgico e di prevenire un numero significativo di complicanze (durante l’intervento o post-operatorie). Quella della stampa 3D è un’applicazione che seppure ancora finanziariamente onerosa – e che quindi viene soppesata con attenzione caso per caso – rappresenta senza dubbio un’evoluzione dell’EI tra le più promettenti.

Il secondo caso è nato durante l’emergenza COVID ed è reso possibile da una forte integrazione tra enterprise imaging e intelligenza artificiale. L’ospedale Niguarda in qualità di HUB nella neurologia interventistica svolge un’attività di teleconsulto per una serie di strutture ospedaliere (spoke). Ad esempio, nel caso di un ricovero in un Pronto Soccorso di un Ospedale della rete spoke, il medico in loco può consultare uno specialista del Niguarda per valutare l’opportunità o meno del ricovero, il migliore percorso terapeutico o interventistico del paziente. Prima dell’emergenza COVID, il teleconsulto veniva realizzato telefonicamente ma dopo lo scoppio della crisi pandemica ne è stato appunto implementato uno di tipo assolutamente nuovo e automatizzato. Anche in questo caso l’EI è fattore critico di successo del sistema, consentendo la condivisione di informazioni e dati del paziente in tempo reale. La soluzione adottata dal Niguarda ottimizza e velocizza decisioni critiche consentendo al medico che ha bisogno del consulto di prendere le migliori decisioni anche in casi in cui nell’ospedale HUB il personale di supporto non sia immediatamente disponibile.

Le numerose ricadute del sistema saranno valutate nel medio-lungo periodo; ciò che è certo è si è già ottenuto un accrescimento del know how dei medici della rete di ospedali spoke con una fertilizzazione conoscitiva che costituisce un patrimonio preziosissimo per il futuro. Chiosa Marco Ciboldi: “I sistemi tecnologici più avanzati in un certo caso imparano e ciò che imparano diventa patrimonio di tutti.”.