Fascicolo Sanitario Elettronico: è l’ora della svolta?
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A cura delle redazione
Era il 2012 quando venne introdotto in Italia il fascicolo elettronico sanitario, uno strumento che nelle intenzioni dell’allora Governo Monti prometteva di imprimere un’accelerazione definitiva alla digitalizzazione a all’efficientamento del Sistema Sanitario Nazionale, realizzando il “sogno”, a lungo coltivato e da più parti auspicato, della cosiddetta connected care. L’idea era quella di dotare tutti i cittadini di uno strumento digitale unico, integrato e facilmente accessibile, in grado di contenere le informazioni sanitarie e la storia clinica dei pazienti. E allo stesso tempo di fornire un insieme di dati confrontabili per ottimizzare l’impiego delle risorse e disegnare una sanità davvero a misura di paziente.
Implementato non senza alcuni inciampi ed esitazioni a livello regionale, il FSE diventa nel 2020 uno dei pilastri del ridisegno della Sanità italiana entrando nella programmazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) formulato per accedere alle risorse del Next Generation EU al fine di rilanciare i sistemi economico-sociali europei gravemente colpiti dall’emergenza pandemica. Lecito quindi chiedersi a che punto siamo e quali sono le prospettive di questo strumento. Come sfruttarne appieno le potenzialità?
Zone di luce e molte zone d’ombra
Secondi i dati forniti dal Governo (fascicolosanitario.gov.it) la diffusione e l’utilizzo reale da parte dei cittadini del FSE è ancor’oggi a “macchia di leopardo”: è stato attivato in Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Sardegna, Provincia autonoma di Trento, Toscana, Valle d’Aosta e Veneto con percentuali variabili tra il 50 e il 100% degli assistiti. In Liguria, Sicilia, Puglia e Umbria queste percentuali oscillano tra il 10 e il 40%, mentre, in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Marche, Molise, provincia autonoma di Bolzano non è stato attivato o raggiunge percentuali inferiori al 5%. La situazione non è migliore se si prende in considerazione l’utilizzo da parte dei medici, così come il numero di aziende sanitarie che alimentano il Fascicolo Sanitario Elettronico. Ancora più desolante la percentuale di medici di famiglia e pediatri di libera scelta che svolgono questo compito che sono soltanto quelli di Sicilia, Umbria e Valle D’Aosta.
Malgrado gli investimenti e le risorse applicate dalla sua nascita ad oggi, il Fascicolo Sanitario Elettronico continua a svolgere un ruolo piuttosto marginale nella pratica clinica ospedaliera e territoriale.
Le sfide più urgenti
A fronte di un simile scenario perché il FSE espleti appieno le proprie potenzialità come prima cosa se ne deve promuovere una diffusione il più possibile amplia e omogenea tra i territori. Ma non è l’unica sfida: così com’è ora, il FSE risulta più una semplice collezione di dati – spesso lacunosi e parziali – che un vero e proprio Big Data sanitario. Ciò implica che il FSE male si presta a essere utilizzato per scopi collettivi.
Molte Regioni si sono dotati del software, hanno implementato le relative piattaforme ma non hanno messo in rete i medici di medicina generale, i laboratori e le radiologie inficiando così l’utilità pratica per i cittadini e incidendo non poco sull’utilizzo del FSE. Anche là dove tale strumento è più avanzato, si conservano le informazioni sanitarie e si consente l’accesso a molti documenti ma non si agevolano i processi di assistenza.
Se poi si analizza il FSE dalla prospettiva del cittadino una sfida non secondaria è rappresentata dalla userability delle piattaforme digitali: non è solo la quantità dei servizi che si mettono in rete che determinerà il successo di un simile strumento, ma molto incide come viene progettato, quanto immediata, intuibile e soddisfacente è per i fruitori l’esperienza d’uso, soprattutto quando questi – per tipologia di servizio offerti e trend demografico – sono costituiti per lo più di persone non digital native.
Diverse perplessità inoltre ha suscitato il FSE anche sul fronte della tutela dei dati. Il Decreto legge Rilancio prevede che a partire dal maggio 2020, a prescindere dall’esplicita manifestazione di consenso dei cittadini, le informazioni relative a tutte le prestazioni sanitarie fruite confluiscano automaticamente nel Fascicolo sanitario elettronico (nelle regioni che hanno già attivato il FSE). Non a caso per rispondere a tali preoccupazioni, il Garante della Privacy ha precisato che comunque, anche a seguito di tale alimentazione automatica, i dati sanitari non saranno accessibili al personale sanitario in assenza di uno specifico consenso del singolo cittadino. La questione della massima garanzia e difesa dei dati sensibili dei cittadini comunque rimane e le effettive misure che si adotteranno per renderla efficace potrebbe fortemente condizionare l’implementazione del FSE.
Non bisogna inoltre trascurare che nel FSE così come oggi definito manca completamente una componente alla base del percorso di diagnosi e cura del paziende ossia il reperto clinico sia esso una immagine radiologica, un tracciato ecocardiografico, un video di sala operatoria o qualsiasi altra forma di indagine diagnostica. E’ evidente che la costruzione di un FSE completo a servizio del cittadino non può prescindere dall’inclusioni di tali informazioni.
Le ultime mosse del Governo
I molti limiti del FSE sembrano essere chiari a chi governa la sanità: in diverse sedi è emersa la consapevolezza che per riformare la Sanità il FSE giochi un ruolo importante ma non sufficiente, che vada cioè accompagnato con una profonda reingegnerizzazione dei sistemi informativi. Il Governo inoltre ha assicurato che la “regia” dell’operazione sarà in capo al sistema centrare (e non al Territorio o alle Regioni) e che la raccolta dei dati sanitari sarà realizzata all’insegna della loro massima interoperabilità per consentirne una gestione unitaria.
Solo se introdotto in un processo di riforma complessivo, il FSE potrà espletare appieno le proprie potenzialità e diventar un pilastro di un Sistema Sanitario realmente data driven. Va in questa direzione la scelta del Governo di inserire il progetto del FSE nell’ambito dell’Agenda Digitale Nazionale: ciò comporta, tra l’altro, che per la trasmissione e lo storage i dati sanitari si potranno avvalere delle dorsali degli HUB dei data center nazionali e – ancora più importante – che saranno integrati con le informazioni in possesso delle varie agenzie governative (INPS, Agenzie Entrate, INAIL). Con questa logica da semplice repository di informazioni il FSE potrà diventare uno strumento di programmazione sanitaria, che consente al Servizio Sanitario di stratificare le patologie, accorparle per classi di assorbimento delle risorse, e analizzarne il costo reale. A quel punto le informazioni sanitarie raccolte consentiranno di elaborare scenari sanitari a 20-30 anni per individuare le esigenze di cura dei pazienti e i costi tendenziali futuri.